La cultura del costruire bene
“Ciò che riporto e frutto delle esperienze personali, vissute e che sto vivendo e non vuole assolutamente generalizzare un mercato dove sono presenti tantissimi addetti ai lavori preparati e che danno vita, mossi dalla loro passione, ad opere impeccabili”.
La foto riguarda l’aggancio esterno del controtelaio di una portafinestra di un appartamento, situato all’interno di un fabbricato appena terminato, venduto sulla carta con mirabolanti prestazioni energetiche e che invece fa acqua, nel vero senso della parola, da tutte le parti, ancor prima di essere abitato.
In questo periodo siamo chiamati ad intervenire in molteplici situazioni dove per risolvere, troppo spesso, bisogna “distruggere” e distruggere per ripristinare, ha costi totalmente differenti dal costruire bene sin dall’inizio.
I margini economici nell’edilizia standard si sono ridotti notevolmente e pertanto il miglior modo per ottimizzare al massimo il guadagno oggigiorno è secondo il mio punto di vista, il seguente:
- Ingegnerizzare la fase di cantiere, annullando i tempi morti attraverso un controllo puntuale delle fasi lavorative e di accesso ed uscita da parte delle squadre. Questo porta a ottimizzare i tempi permettendo di tenere aperto il cantiere per lo stretto tempo necessario relativo alla realizzazione dell’opera (un cantiere aperto ma non operativo costa denaro sonante).
- Analizzare in modo approfondito il mercato, per trovare i materiali che sulla base delle specifiche necessità del cliente, garantiscano i prezzi più convenienti.
- Non fermarsi esclusivamente al costo in sé del prodotto, inteso come materia prima, ma guardare oltre, focalizzandosi su quello che sarà il costo reale, dato dal suo acquisto, la posa in opera e gli standard che si vogliono perseguire.
- Individuare delle figure specialistiche per ogni settore che coadiuvate dalla D.L., sì assicurino che le opere di propria competenza vengano realizzate coerentemente e conformemente al progetto.
I tecnici diventano non più solo meri produttori di carta ma attori protagonisti nell’iter progettuale/realizzativo dell’opera.
Questo comporta che il tecnico abbia una forte preparazione non soltanto teorica ma anche sul campo, il che fa dedurre che in un’edilizia avanzata, non è più possibile pensare a questi come individui che non vivano il cantiere quotidianamente.
Teoria e pratica sono due realtà così vicine ma anche così distanti, l’una imprescindibile all’altra. Purtroppo ancora oggi molti tecnici con i quali ci interfacciamo non hanno alcuna esperienza di cantiere sulle materie trattate e reputo la cosa inammissibile.
Ci stiamo spostando verso un’edilizia fatta di professionisti super specializzati; non si può più pensare a figure che ricoprano ruoli di factotum.
La D.L. non può avere competenze specifiche in tutti i settori, è impensabile; non si può pretendere che sia esperta in analisi dei costi, impianti elettrici, meccanici, acustica, impermeabilizzazioni, efficienza energetica, serramenti, impianti di scarico acque reflue, piovane, urbanistica, accatastamento, capitolati, ecc.
Questa idea della D.L. come esperta in tutto, cosa che in realtà non può essere, ha fatto sì che si venisse a creare in cantiere uno strano fenomeno, spesso pericoloso, denominato il fenomeno del:
“Facciamoci a fidare”
Si perché la D.L si fida dell’impresa, che si fida dell’idraulico, che si fida del serramentista, che si fida dell’intonachino, che si fida del prodotto che al magazzino comprò (licenza poetica).
E a forza del “facciamoci a fidare” ci si viene a ritrovare, troppo spesso, nella condizione dello “scarica barile delle responsabilità”, del:
- non è colpa mia, doveva farlo lui, che però non l’ha fatto, perché Tizio gli ha detto così, perché informato da Caio a cui gli era stato riferito da Sempronio! E comunque la D.L. non ha detto che era sbagliato!
Alla fine di questa tiritera rimarranno una serie di cose ovvie, così riassumibili:
- il danno è fatto;
- chi ha comprato si ritrova un bene viziato da difetti, spesso anche gravi e non è detto risolvibili;
- qualcuno dovrà pagare, bisogna solo decidere chi sarà a farlo, con tutti i rischi di impresa annessi e connessi;
- qualcuno dovrà sistemare;
- chi ha comprato, forse dopo qualche anno, nella migliore delle ipotesi, di vita persa tra carichi di bile, CTU, CTP, ATP e chi più ne ha più ne metta!, otterrà ciò per cui aveva pagato, ossia un bene privo di vizi (se tutto va bene), dove trascorrere in pace la sua esistenza.
Mi è venuto il fiatone e l’ansia solo nel raccontarla questa storia, quando sarebbe bastato cercare sin dall’inizio, perlomeno, di preoccuparsi nel costruire bene.
Mi piace chiamarla la “cultura del costruire bene” dove il professionista tra etica e moralità è indirizzato al raggiungimento di un bene superiore al dio denaro, rappresentato dal volere assoluto di creare valore.
Si sbaglia, lo facciamo quotidianamente, l’errare e l’errore sono sempre dietro l’angolo; il cantiere, l’acustica e molte altre materie del settore, non sono scienze esatte e non si smette mai di imparare, di studiare, ma tra la noncuranza, peggio ancora il dolo e l’averci perlomeno provato, ce ne corre almeno a livello di rimorsi interiori (anche se credo che chi volutamente omette, difficilmente è preda di sensi di colpa).
Anche il “tutto mio” dovrà passare di moda, perché non porta a nient’altro se non ad uno svilimento professionale; in un tempo dove un osso scarno è conteso da mille cani, la differenza la farà chi sul mercato porterà una boccata d’aria nuova, fatta di preparazione legata ad esperienze reali e tangibili, dove alla professionalità, spiccate doti umane faranno da legante tra il “chi lo fa” e il “come lo si fa”.
Il cambiamento parte da noi, nell’indottrinare chi ci è più vicino per far sì che la cultura del costruire bene si espanda a macchia d’olio, esponenzialmente.
Ci sarà un percorso di selezione naturale dove i fuochi fatui, o come gli chiamo io “gli improvvisati” spariranno e le doti umane e tecniche emergeranno, ma per far sì che questo accada, il tutto deve partire da noi.
“Il cambiamento è possibile, basta solo volerlo”.
Emiliano Convito
Caro Emiliano, condivido l’analisi che hai fatto, ma si spera che il mercato faccia sparire le aziende che non operano correttamente. Il problema è che per ridurre gli errori significa aver imparato quali sono e correggersi. Purtroppo tutto questo ha un costo di aggiornamento che le ditte non vogliono, o meglio certi non vogliono. Altre imprese (molto poche), stanno molto attente a quello che fanno, perché hanno pagato sulla loro pelle gli errori ed hanno deciso di rimanere sul mercato, ma a costi più alti, che purtroppo a volte la logica del mercato li mette fuori prezzo. In conclusione è la concorrenza che stuzzica i furbi a cimentarsi in lavori per i quali non sono all’altezza, che magari hanno sempre fatto alla CARLONA, anche se finora gli è andata bene, ma adesso con la sensibilizzazione delle persone pronte a rivalersi contro chi ha sbagliato la cosa cambia.
Anche noi tecnici dobbiamo crescere ed essere all’altezza di aiutare le imprese che vogliono migliorarsi, sempre che ci riconoscano il nostro ruolo e la nostra parcella.